UNA CULTURA DEL LAVORO PIÙ UMANA /6 – Mindfulness in azione – Il ruolo della consapevolezza e della piena presenza

5.1. Mindfulness e oltre

Si parla tanto di mindfulness dentro le organizzazioni. Come tutte le mode che prendono piede nel mondo del lavoro, ha certamente una funzione positiva e una ricaduta sulla performance.

Nato in ambito medico, il protocollo che per primo ha portato l’attenzione sul tema della piena presenza è MBSR, mindfulness based stress reduction, di Jon Kabat Zin. Come dice il nome, si propone essenzialmente di facilitare una condizione di benessere psicofisico.

Il controllo del proprio stato interiore è incontrovertibilmente la base dell’obiettivo maggiore che è la self leadership, ovvero l’abilità di mantenersi centrati rispetto alle sollecitazioni del mondo esterno. Ma il dominio di se stessi, tanto caro alla filosofia greca sin dalle origini, non si ottiene limitandosi a meditare. Occorre maturare la capacità di mantenersi costantemente presenti a se stessi (che è spesso una definizione, parziale invero, della self leadership) ovvero sviluppare quello che amo chiamare il “testimone interiore”. Questo testimone è in grado di mantenere l’individuo in “metaposizione”, come guardando se stesso e il.proprio vissuto dal di fuori.

Essere testimoni di emozioni, pensieri, valori interni, così come di comportamenti, interazioni e relativi pattern non significa esserne consapevoli.

Ecco che il lavoro realmente profondo e utile consiste nel fare costantemente tesoro dei casi in cui il mondo interiore e mondo esteriore ci condizionano o, viceversa, come e quando siamo coscienti ed efficaci nel nostro potere di intervento.

5.2. Prospettiva sistemica

Dice Jung, «Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino».

Per essere realmente leader – incominciando da se stessi – occorre ampliare progressivamente l’area di consapevolezza. Tutto questo può sembrare molto teorico e astruso, ma in realtà è ciò che facciamo quando identifichiamo (e infatti non diciamo creiamo…) lo scopo e i valori individuali e organizzativi.

Allo stesso modo, tenendo l’uno e gli altri sempre ben presenti (!) occorre essere in grado di riconoscere come e quando le azioni che mettiamo in essere sono funzionali al raggiungimento dei nostri obiettivi.

Quello che accade è che esistono comportamenti funzionali e altri meno. Li potremmo definire disfunzionali. In realtà non parliamo mai di “disfunzionalità”, perché si tratta di comportamenti, convinzioni e lealtà sempre e comunque giusti anche se non razionali. Intendiamo con razionali, modalità coscienti e pianificate, proporzionate alle proprie possibilità, plausibilmente coerenti rispetto agli obiettivi dichiarati. Quando non vengono perseguite con convinzione non è che siamo in presenza di individui irrazionali: in una prospettiva sistemica, si tratta piuttosto di individui che fanno sì la cosa giusta, ma al servizio inconscio di altri sistemi, e il più delle volte sono rimasti leali alla famiglia di origine o altri sistemi “passati”.

5.3. Essere presenti nella relazione

Senza avventurarsi in quel “mondo a parte” che è il coaching sistemico, basterà sapere che per raggiungere la massima autoefficacia e di lì la massima prestazione a livello di gruppo, occorre lasciar emergere, riconoscere e gestire il vissuto  interno e come questo e la relazione siano reciprocamente influenzati.

Fare impresa è essenzialmente integrare volontà, capacità e azioni di diversi individui. Parlare di proposito e valori, significa essenzialmente essere consapevoli della direzione che desideriamo intraprendere, quella che stiamo realmente percorrendo e di come ogni azione o meglio interazione, piccola o grande, ci avvicina o ci allontana dai nostri obiettivi.

5.4. …E allora il conflitto

Praticare la mindfulness nella relazione, o con un termine coniato con la mia amica e collega Luana Patacconi, la Compresence® (che è diventato un modello depositato che stiamo portando in grandi organizzazioni) significa dunque rimanere coerenti con il cammino intrapreso.

In questa prospettiva, il conflitto in azienda è un eccellente momento per esercitarsi. Ne abbiamo parlato con Rosa Menghi nell’ultimo video Prairie (link). Di fronte ad una – chiamiamola così – aggressione emotiva di un capo, di un collega o anche di un collaboratore, non ha alcun senso lasciarsi trasportare dalle emozioni. Lasciare che emergano internamente è importante (reprimerle è il primo passo verso l’esplosione incontrollata, il cosiddetto “agito”), ma anche metterle al servizio della relazione lo è.

Quando proposito, valori e obiettivi sono stati condivisi e definiti tra colleghi

Quando si sia lavorato insieme ai colleghi su proposito, valori e obiettivi comuni questi non saranno solo il primo driver della nostra risposta mindful, ma anche la “moneta di scambio” nel dialogo. Sempre che entrambe le parti siano sufficientemente presenti per intavolare uno scambio autentico, altrimenti meglio rimandare, che non vuol dire soprassedere…